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Il silenzio degli Eventi e il futuro della Democrazia

April 14, 2021

La crisi e il ruolo della cultura per la ripartenza

di Manuela Andaloro con Dario De Lisi

In foto: Morning sun (1952). Opera di Edward Hopper, l’artista che dipinge il silenzio

“Oggi, in un contesto dove la tecnologia ha invaso la nostra quotidianità, diventando spesso fine e non mezzo, abbiamo bisogno delle Arti ancora di più che in passato. Abbiamo bisogno di modelli per comprenderne opportunità e limiti. La cultura diventa argine e guida della nostra evoluzione. La rende comprensibile, rende lo sviluppo sostenibile e democratico”

La via della rinascita non può ignorare la strada della cultura. In Svizzera il Consiglio Federale ha rafforzato il proprio sostegno economico al mondo culturale, estendendo i benefici anche agli operatori occasionali attivi nel settore. In Italia il ministro della Cultura Dario Franceschini prosegue con “una politica di sostegni alle imprese e ai lavoratori” del settore e parla di un piano per il “rilancio del ruolo internazionale dell’Italia per la cultura”. Il 9 febbraio 2021 il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva il “Recovery and Resilience Facility”, dispositivo per la ripresa e la resilienza, per aiutare i paesi UE a fare fronte alle conseguenze della pandemia di COVID-19. Si tratta dello strumento chiave al centro di NextGenerationEU. Il suo obiettivo è quello di mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia e rendere le economie e le società europee più sostenibili, mobili e meglio preparate per le sfide e le opportunità della transizione verde e di quella digitale.

Ogni Stato membro dell’UE dovrà dimostrare un forte senso di responsabilità nell’utilizzare con efficacia fondi indispensabili a traghettare il futuro delle proprie nazioni verso una maggiore sostenibilità, sul piano economico, ecologico e sociale. Per l’approvazione e la gestione del PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), il Next generation EU delinea la necessità di coinvolgere forze sociali e società civile. La serie “Open Government”, promossa attraverso diverse piattaforme dalla consulente e scrittrice Manuela Andaloro, unisce le voci di leader di governo e sostenitori della società civile per promuovere opinioni, riscontri e contributi, in nome di una governance trasparente, partecipativa, inclusiva e responsabile, base indispensabile per una forte ripartenza.  La voce di questa settimana è quella di Dario De Lisi, direttore strategico e docente presso la IULM Communication School. 

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rientro dei cervelli own the way you live manuela andaloro

La tempesta perfetta: rientro dei cervelli e leadership responsabile.

February 28, 2021

"Una nuova generazione sta aprendo la strada, focalizzata sul valore della competenza e dell’eccellenza, nel rispetto dei valori e di forti principi etici."

Nel corso dell’attuale crisi sanitaria si è assistito a un fenomeno di rientro di “cervelli” in Italia, con la complicità dei progressi del digitale. Si tratta di controesodo di figure di alto profilo professionale e non di controesodo da parte di emigrati “economici”. Come riportato dal New York Times, il Covid è riuscito lì dove le politiche governative hanno fallito: riportare persone di talento in Italia. Secondo il Ministero degli Affari Esteri, nel nostro Paese lo scorso anno si è registrato un incremento del 20% di rimpatri rispetto all’anno precedente e il trend è in continua ascesa anche nel 2021. L’Italia sembra dunque avere l’opportunità di usufruire delle competenze e delle innovazioni di talenti che hanno acquisito skill rilevanti e internazionalità. Non sorprende, quindi, che business leaders di ogni settore sollecitino il Governo affinché non sprechi questa opportunità.

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The Portico, Milan, Italy

The Portico, Milan, Italy

Il valore della competenza

February 1, 2021

UN FUTURO DA COSTRUIRE 

di Manuela Andaloro

Il futuro da costruire passa da forti sinergie tra pubblico e privato. Ma soprattutto dall’attrazione di talenti, di expat di ritorno e dal ripristino del valore della competenza. 

Susan Morgan, consulente per EU DisinfoLa, un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro che si occupa di smascherare campagne di disinformazione che avvengono nell’UE, ha scritto una recente pubblicazione (Fake news, disinformation, manipulation

and online tactics to undermine democracy) nella quale sottolinea come la tecnologia dell’informazione e della comunicazione sia cambiata rapidamente negli ultimi 20 anni. Uno sviluppo chiave è stato l’emergere dei social media, che sono passati dall’essere un mezzo utile per tenersi in contatto con amici e familiari ad avere un forte impatto reale sulla società, sempre meno positivo. I social media vengono utilizzati in modi che modellano la politica, gli affari, la cultura mondiale, l’istruzione, le carriere, l’innovazione, minando, in nome di una errata illusione di democratizzazione di opinioni, il valore della competenza. Questo, vediamo giornalmente, sta creando danni incalcolabili. 

Stiamo vivendo con un panorama mediatico radicalmente modificato in cui le piattaforme tecnologiche ricevono la maggior parte dei proventi pubblicitari che un tempo andavano agli editori di notizie tradizionali, un settore regolato dalla legge e gestito da professionisti certificati nella maggior parte dei casi, o da esperti di settore, diversamente da quanto avviene in larga misura sui social. 

C’è stata dunque una crescita esponenziale di quella che gli esperti chiamano economia dell’attenzione, la rivendita cioè dell’attenzione umana, l’accesso alla mente del pubblico e la vendita agli inserzionisti. Una strategia che solleva profonde domande sulle notizie e i contenuti a cui le persone accedono e dubbi sulla comprensione effettiva di questo nuovo panorama in cui prolifera la disinformazione accanto al giornalismo tradizionale.

In questo contesto siamo tutti osservatori delle dinamiche attualmente in essere, della manipolazione continua dell’opinione pubblica e della perdita del valore della competenza. Basti pensare agli attacchi alla scienza, agli hater, alla proliferazione di fake news nel 2020, cresciute del 460% rispetto al 2019.

È evidente che la nostra società non possa più permettere di “democratizzare” competenza e sapere ne’ di scambiare una supposta “libertà di parola” con una sistematica e molto pericolosa manipolazione di opinione pubblica.  

Nell’ambito di recenti ricerche in materia di expats europei che scelgono di rientrare nei loro paesi a causa di dinamiche legate alla pandemia, al populismo e alla Brexit, ho avuto modo di investigare il mercato italiano e in questo contesto di avere interessanti conversazioni con alcuni tra i maggiori esponenti del settore executive recruiting.  

Sappiamo che la crisi COVID sembra aver giocato un ruolo chiave per il rientro, in combinazione con le recenti politiche fiscali attuate da vari governi europei, molto favorevoli nel caso dell’Italia. Il trend di afflusso di talenti sembra pero’ avere radici più lontane e coprire un periodo più lungo. Milano è diventata la principale città postindustriale italiana, una calamita che ha attratto giovani e talentuosi, non solo dall’Italia ma da tutta Europa e non solo. Una città che è diventata un gigante economico che ha fatto crescere la propria economia di quasi il 20% negli ultimi 15 anni, diventando anche un obiettivo per gli investimenti stranieri con miliardi di euro riversati in progetti infrastrutturali e prestigiose industrie di servizi. Una realtà lavorativa che si basa su aziende innovative che si occupano di ad esempio di tecnologia, finanza e ricerca farmaceutica, un luogo che capitalizza la reputazione dell’Italia come luogo di tecnologia, arte, design e moda all’avanguardia. 

A metà dicembre ho avuto l’onore di bere un caffè virtuale con Nicola Gavazzi, Country Manager Italia di Russell Reynolds Associates, per parlare delle attuali dinamiche del mercato lavorativo e quello del rientro dei cervelli, dell’attratività dell’Italia per talenti internazionali, ma anche di status quo e aspettative per il futuro.

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stereotipo italiano revisionismo manuela andaloro own the way you live corriere italinita

L’epoca dello stereotipo italiano va chiusa: è tempo di sano revisionismo

December 21, 2020

ITALIA, LO STRAORDINARIO REGNO DEGLI ERRATI LUOGHI COMUNI

Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori – dalla T-shirt di Madonna ai video che mostrano italiani gesticolanti, dalla passione per la moda e l’eleganza all’idea di lingua più passionale del mondo, dall’idea di non sapere guidare a quella di essere rumorosi o mammoni, dal concetto che in Italia faccia sempre caldo, a quello di essere molto amichevoli, dalla passione per il caffè, alla cucina, all’idea che il Paese sia in bancarotta o vada a braccetto con la mafia.

Nel 2015, pochi mesi prima che l’ Expo mondiale si svolgesse a Milano, il governo italiano presentò a Davos un video di forte impatto sull’erroneità di molti, troppi, stereotipi sull’Italia, volto ad evidenziare i punti di forza e sfatare alcuni dei principali luoghi comuni sull’Italia. Il video “ITALY THE EXTRAORDINARY COMMONPLACE” confuta gli stereotipi sull’Italia e racconta il Paese quale esso è: un grande produttore di beni tecnologici, secondo esportatore europeo nel settore meccanica e automazione.

Il dizionario OED definisce uno stereotipo come l’idea o immagine semplificata di un particolare tipo di persona o cosa. Spesso si fa, erroneamente, riferimento a stereotipi per dare senso a un mondo complesso e sfaccettato. Eppure, questi pregiudizi possono diventare opprimenti, sbagliati e addirittura molto nocivi e non aiutano a comprendere le sfaccettature di una società, di un Paese, di una cultura e di un’economia.

Ci sono molti stereotipi e falsi miti legati per esempio all’economia italiana. Di recente l’autorevole settimanale tedesco Der Spiegel ha pubblicato un’analisi del famoso editorialista Thomas Fricke che affronta gli stereotipi italiani e discute senza mezzi termini la grande questione del debito pubblico italiano, spiegando perfettamente la trentennale virtuosità del Paese.

Qual’è lo status quo?

Quella italiana è la terza economia nazionale dell’Unione europea, uno dei membri fondatori della UE, dell’Eurozona, dell’OCSE, del G7 e del G20. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, l’Italia è stata trasformata da un’economia basata sull’agricoltura che era stata gravemente colpita dalle conseguenze delle guerre mondiali, in una delle nazioni più avanzate del mondo, e un paese leader nel commercio mondiale ed esportazioni. Secondo l’indice di sviluppo umano, il paese gode di uno standard di vita molto elevato e ha l’ottava qualità di vita più alta al mondo secondo The Economist, possiede la terza riserva aurea del mondo ed è il terzo contribuente netto al bilancio dell’Unione europea. Inoltre, la ricchezza privata pro capite è una delle più grandi al mondo tra i paesi avanzati e seconda nella EU.

L’analisi di Der Spiegel impressiona per la sua precisa lucidità. Fricke scrive:

«Forse è una conseguenza di tanti film sulla mafia, o il fatto che l’Italia abbia un tempo migliore, un cibo migliore, più sole e più mare. Qualcosa comunque deve spiegare questo assillo nel puntare sul fatto che i tedeschi sarebbero più oculati, più seri e più affidabili. E a questo proposito mostrare l’inadeguatezza dell’Italia». Ecco disintegrati decenni di pregiudizi finalmente, e Fricke continua.

Citando l’economista Antonella Stirati dell’Università Roma Tre, spiega che «se non si calcolano i pagamenti degli interessi, dal 1992 i governi italiani hanno avuto eccedenze di bilancio anno dopo anno». Altro che attitudine allo spreco, insomma, il cancro del debito ci ha fatto smettere di spendere: «Dolce vita? Sciocchezze. Dal 2000 gli investimenti pubblici italiani sono calati del 40%, un collasso regolato per legge. Le spese pubbliche ristagnano dal 2006. In Germania sono aumentate quasi del 20%».

Segue un monito alla Germania e un’ invocazione a del sano revisionismo: «Non è una colpa diretta della politica tedesca. Chiaro. Ma è giunto il tempo di smetterla con insegnamenti errati, e di contribuire alla riparazione del disastro».

Parole di grande nettezza da parte di un giornale così importante, che conferma che la Germania non è un monolite ma un grande Paese che sa discutere di sé.

Vivo da 15 anni all’estero, dopo 26 anni a Milano, ho vissuto per 5 anni nel Regno Unito e vivo da 10 in Svizzera, ho un marito tedesco e una famiglia bi-culturale, e naturalmente mi è capitato di sentire ogni ovvietà, falsità e stereotipo basato su assurdi ed errati luoghi comuni. Ho scelto una selezione di divertenti aneddoti che negli anni mi è capitato di vivere e raccontare, assurdità per lo più con risvolti ironici ma basati su una profonda mancanza di oggettività, comprensione e rispetto per un Paese tra i 7 più ricchi e sviluppati al mondo.

Gli italiani, al contrario di altri, parlano di sé incapaci di offrire un quadro completo dell’Italia che nolenti o volenti si distingue egregiamente da decenni e volendo millenni.

  • Ma è vero che l’Italia è corrotta e pericolosa come il Brasile?

Come molti con background internazionale, sono stata testimone di fenomeni di corruzione in egual misura in Svizzera, UK e Italia, le statistiche parlano chiaro, così come gli studi la natura umana. A Rio de Janeiro – città che ho visitato e trovato affascinante – né auto private né taxi si fermano ai semafori rossi, perchè il rischio è di essere aggrediti, rapinati, rapiti o peggio è quotidiano e comune. In Italia il massimo del rischio al semaforo rosso è che il proprio cruscotto venga lavato. L’Italia è un Paese del G7, tra i 7 paesi più ricchi al mondo, fortemente industrializzato e secondo The Economist tra gli 8 paesi con gli standard di vita più alti al mondo. Come conferma Investopedia tra gli altri, il Brasile non è un paese sviluppato. Sebbene abbia la più grande economia del Sud America, il Brasile è ancora considerato un paese in via di sviluppo a causa del suo basso PIL pro capite, basso tenore di vita, alto tasso di mortalità infantile e altri fattori.

  • Ma il Paese è in bancarotta e in recessione.

Scorretto luogo comune, molto grave. Il Paese, come conferma il celebre Der Spiegel non è in bancarotta, lungi dall’esserlo, e da anni evita la recessione grazie a settori trainanti come il lusso e il made in Italy. Dall’aprile 2020, a causa della crisi Covid, l’intero pianeta è in recessione come spiega nel dettaglio un’interessante articolo di Repubblica sul tema.

  • Puoi prendere il sole in terrazzo a Milano a dicembre?

Domanda realmente postami dalla mia ostetrica svizzera dopo la nascita del mio primo figlio a metà Novembre, mi veniva consigliato durante le imminenti vacanze natalizie a Milano di assorbire vitamina D in maglietta dal terrazzo di casa dei nonni. Milano siede ai piedi delle innevate Api e in inverno registra temperature medie diurne dai -2 C ai 5 C.

  • I frontalieri sono disperati.

Non entro per scelta nel merito di una questione di difficile gestione e che va compresa da multipli punti di vista, ma mi limito a far notare che il PIL della Lombardia è equivalente a quello della Svizzera, e che il solo quartiere Porta Nuova di Milano è la suddivisione più ricca d’Europa all’interno di qualsiasi città, con un PIL di 400 miliardi di euro nel 2017, più alto del PIL di Israele, paragonabile al PIL dell’ Irlanda. I frontalieri si spostano a causa dell’attrattività dei regimi fiscali, a loro volta utilizzati dalle aziende per attuare i poco apprezzati dumping salariali a spese spesso della popolazione locale. Purtroppo il famoso detto della botte piena e moglie ubriaca non è attuabile neanche in terra elvetica.

Potrei andare avanti con gli aneddoti divertenti ma affrontiamo uno dei punti salienti del problema stereotipi. Gli Italiani. Italiani residenti in Italia o Italiani residenti all’estero, che in grandi numeri, sistematicamente, al contrario di quanto fanno ad esempio per cultura i cugini elvetici, non solo non dipingono il quadro completo di un Paese che nolenti o volenti si distingue egregiamente da decenni e volendo millenni, ma sembrano essere i peggiori detrattori del Paese.

Quante volte abbiamo sentito connazionali lamentarsi di dinamiche o denigrare addirittura il Paese, basandosi a loro volta, molto spesso, su nozioni false, errate o stereotipiche e su mancanza di conoscenza delle realtà di altri Paesi? Il danno arrecato all’immagine di un intero paese, di un’economia, è incalcolabile. Come Brignani raccontava in un suo show di qualche anno fa “I peggiori detrattori del nostro Paese siamo noi italiani, ma col pessimismo distruttivo non si va da nessuna parte. Sia pure con tutti i difetti che abbiamo – comuni ad ogni paese – questo mondo senza Italia sarebbe peggiore.”

Cosa possiamo fare dunque per invertire la rotta? Documentarci, e solo dopo esprimerci grazie a dati di fatto, indicatori sociali ed economici, come ci insegna Thomas Fricke. Non farebbe male anche coltivare un po’ di sano – a lungo dimenticato e flebilmente riscoperto durante la crisi COVID – orgoglio nazionale.

M.

(info@smartbizhub.com)

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Grafico: Roxana Torre (www.torre.nl)

Grafico: Roxana Torre (www.torre.nl)

COVID19, Brexit e populismo hanno cambiato le scelte degli Expat europei

December 11, 2020

L’Annual Report on intra-EU Labour Mobility del 2019, commissionato dalla Comunità Europea conferma che sebbene la mobilità all’interno dell’UE abbia continuato a crescere nel 2019, lo ha fatto a ritmo più lento rispetto agli anni precedenti.

Ma come sono cambiati e stanno cambiando i trend e gli interessi di molti expat? Come ha influito sulle fluttuazioni l’attuale pandemia? Quali altre cause stanno impattando le scelte degli expat?

In questo contesto consideriamo “expat” chi vive e lavora in un paese ospite per scelta o per necessità secondarie, per un periodo più o meno determinato di tempo, spesso con istruzione superiore. Professionisti quindi che hanno liberamente scelto il paese ospite per motivazioni non legate a forti necessità economiche, finanziarie, o di stabilità, ma a dinamiche definite soft come famiglia, desiderio di internazionalità, avanzamento di carriera. Chi, per fortuna o per meriti ha avuto insomma il lusso della scelta. 

Come vivono ad oggi gli expat europei la loro scelta? 

Quali fattori, dinamiche, avvenimenti politici influiscono ad oggi sulle scelte attuali, imminenti o piani futuri? 

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Made in Italy, il restart da cento miliardi di dollari

November 6, 2020
Made in Italy, il restart da cento miliardi di dollari Corriere Italianita' Own the way you live

di Manuela Andaloro

Non c’è modo di girarci intorno: è un periodo di grande difficoltà, complesse dinamiche, variabili sconosciute. Il 2020 passerà probabilmente alla storia come Annus Horribilis degli ultimi 70 anni, per il terribile costo in vite umane e salute pubblica e per gli impatti pesantissimi su tutto il sistema economico, nazionale e globale.

Tuttavia, nonostante la gravità di questo shock, l'economia italiana è cresciuta del 16,1% nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti, un rimbalzo molto più forte del previsto a seguito del lockdown, superando il Regno Unito, la Spagna, la Germania e la Francia. L'aumento della produzione industriale italiana punta anche a una forte ripresa economica.

Lo abbiamo visto di recente nel Rapporto Export lanciato a settembre 2020, i presupposti per una ripartenza per l’Italia sembrano esserci.

Una ripartenza forte grazie al settore trainante italiano, quello del Made in Italy: la moda, l’arredo ed il design, il cibo, la meccanica, l’ingegneria e il turismo. Settori in cui l’italianità è sinonimo riconosciuto di qualità, affidabilità e creatività, così come di imprese radicate nei territori, che si ramificano attraverso le filiere e i distretti in tutte le regioni italiane e si proiettano sui mercati internazionali.

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A che ritmo vai?

October 13, 2020

Nell’estate del 2016, impiegata in una grande banca svizzera, ero entrata a far parte di un programma per “talenti” chiamato women fit for success. Apprezzo molto e applaudo questi programmi e investimenti sui talenti dell’azienda, ma mi chiedo se organizzare programmi specifici per donne e uomini non aggravi ulteriormente il problema dell’uguaglianza di genere sul posto di lavoro.

In ogni caso, avevo preparato la mia 48-ore ed ero partita verso una località fiabesca in montagna, un ritiro per “menti corporate”. L’intero programma offsite prevedeva due giorni di workshop, esercitazioni, role-play, discussioni, networking, molto simile ad altri programmi di questo tipo fatti precedentemente e che avrei fatto in seguito. 

Ma in questo particolare programma, a distanza di 4 anni, ho acquisito un aspetto e insegnamento fondamentale: dosare l’energia in base al proprio ritmo interiore per poter massimizzare il proprio rendimento.

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Tags worklife balance, goals, priorities, balance, world citizen, productivity, self-awareness
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È ora di decretare la fine delle metropoli?

September 8, 2020

Come investitrice nel mercato immobiliare, nutro da anni un certo interesse per le dinamiche che guidano i mercati della compravendita e dell’affitto, e da sempre, la regola aurea è una: location. 

Questo era un principio sacro nell’era pre-COVID. E adesso?  

L’opinione più o meno diffusa suggerisce che la rivoluzione del lavoro a distanza (smartworking) porterà le persone da città affollate e costose a territori più verdi e più sostenibili. In molti valutano traslochi nelle seconde case, nelle periferie, al mare, montagna, al lago o in campagna, complice la velocità di connessione ad una rete sempre più stabile. Il lockdown sembra avere aperto nuovi scenari: vivere nella natura conciliando famiglia, professione e tempo libero e mantenere un lavoro ben pagato in città è possibile. 

Cambierà allora il tessuto urbano? E soprattutto, è un fenomeno sufficientemente grande per essere strutturale? 

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PROFESSIONE: PRIMA MINISTRA

June 11, 2020

A fine gennaio 2020 ho preso una “pausa” di qualche mese per accogliere il nostro terzo figlio. Mi lasciavo temporaneamente alle spalle una dimensione conosciuta, sicura, con equilibri e dinamicità prevedibili. Quattro mesi dopo mi appresto a riprendere in mano alcuni progetti e riaprire parzialmente le porte al mondo – ma il mondo che ho lasciato, non è il mondo in cui sto per rientrare, nè il mondo in cui ho vissuto con la mia famiglia e che ho osservato cambiare in questi pochi mesi.

Cosa dobbiamo aspettarci dal “new normal” che ci attende e dalla vita post lockdown?

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In Italy Tags DONNE, ITALIA
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I PERICOLI DELLA PERCEZIONE E DELLA LAMENTELA

April 13, 2020

La percezione non è realtà: le cose non stanno così male come si pensa A ottobre 2020 avrò trascorso 13 anni di vita, privata e lavorativa, tra Regno Unito e Svizzera, con forti interazioni con Paesi come la Germania e la nativa Italia, e in vari modi con il resto d’Europa. Pagine e pagine potrebbero essere scritte sulle grandi lezioni di vita che derivano dal lavorare e vivere in contesti multinazionali, e in un certo modo, la curva d’apprendimento e di apertura mentale che deriva dall’interpretare e convivere con culture e approcci diversi e molto simili al contempo. Non ci si deve stupire, ad esempio, di come le similitudini tra persone di diversa nazionalità, non si basino su luogo di nascita e passaporto, ma su livello di istruzione, cultura e comprensione del quadro globale. Se guardiamo alla popolazione europea, tedeschi, italiani, inglesi e svizzeri con simili esperienze di vita privata e professionale hanno molto più in comune di due inglesi, tedeschi, svizzeri o italiani presi a caso tra la popolazione del loro Paese e con background o formazione molto differente. Le similitudini sono trasversali, non verticali e non si basano su un passaporto e luogo di nascita. 

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IL PIANETA È IN BANCAROTTA

November 20, 2019

I negazionisti sostengono che il pianeta si sia sempre raffreddato e riscaldato. Questo, in base a quanto ci è dato sapere ad oggi dalla scienza, è presumibilmente vero. Ma la grossa differenza con il passato è che il raffreddamento e riscaldamento avvenivano in migliaia di anni; non in una manciata.
E la Terra prima d’ora non aveva mai dovuto fare i conti con miliardi di consumatori e inquinatori, sino a poco fa felici di esserlo. L’effetto serra, le temperature anomale, la desertificazione non sono ideologia. Negarle ai primi freddi è come sostenere, come detto da uno scienziato a Trump, che la fame nel mondo non esiste perché si è appena mangiato un Big Mac.

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SOCIAL MEDIA TRA SOCIETÀ E DEMOCRAZIA

August 20, 2019

All’inaugurazione del nuovo presidente di estrema destra del Brasile, Jair Bolsonaro, all’inizio di gennaio, una folla di suoi sostenitori intonò un inno particolare. Non era tifo per Bolsonaro o il suo compagno di corsa o il loro partito: intonavano i nomi delle piattaforme di social media, “Facebook!”, “Whatsapp!” urlava la folla.

Stavano accreditando le piattaforme con la vittoria del loro uomo, e non a torto.

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VERSO UNA NUOVA FORMA DI LEADERSHIP

July 30, 2019

Cos’è la leadership ad alto quoziente di intelligenza emotiva (EIQ)? Ne abbiamo parlato con Manuela Andaloro, imprenditrice di successo, ambasciatrice della parità di genere, e mamma di due bimbi. Manuela Andaloro è dal 2017 in vertice a SmartBizHub. Lei e il suo team si occupano di consulenza gestionale soprattutto in materia di nuove tecnologie, lavorando con multinazionali e enti governativi in tutta Europa. Spesso in viaggio, Manuela è attiva nella promozione e sensibilizzazione dell’uguaglianza di genere e la conciliabilità famiglia-lavoro. Di recente è stata candidata per un importante premio sulla diversità tra i sessi. Da anni è ambasciatrice di ‘diversità e inclusione’ nelle aziende. Chissà se Manuela, questo presente se lo immagina, quando, poco meno che ventenne, studentessa alla IULM a Milano, ha ottenuto il suo primo ruolo aziendale, come analista alla ACNielsen, lavorando sodo per rimanere al passo con lo studio.

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BREXIT? TEMPO DI RIFLESSIONE E AZIONE

June 24, 2019

È un pomeriggio dell’autunno del 2008 a Londra, siedo in auto accanto al CFO dell’azienda per cui lavoro, Jeff, faccio parte del management team di una società internazionale di servizi finanziari con sedi a Londra e Singapore, stiamo andando a una riunione poco fuori Londra. Jeff è britannico, corretto, calmo, competente ed empatico, abbiamo una buona intesa lavorativa. “Londra è davvero una città cosmopolita, c’è una grande integrazione di cui andare fieri” commento a un certo punto, “Vero, ma non credo che spesso non ci viene riconosciuto, l’essere aperti all’immigrazione e accoglienti non è una qualità riconosciuta ai britannici, e poi ci sono migranti e migranti, tutta l’accoglienza, l’apertura… ho paura che ci si possa ritorcere contro a un certo punto” risponde Jeff in uno slancio che mi fa oggi intravedere alcune delle radici di Brexit. “In che senso?” domando io. “You see, we don’t all really feel European, for starters, we drive on the right side of the road!”. Jeff la butta sul ridere ma colgo la frustrazione, vari pensieri occupano la mia mente, ma cambiamo argomento e torniamo a parlare del cliente che stiamo per incontrare.

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ORDINE VALORE POST LIBERALE

February 28, 2019

La moneta unica ha fatto strada. Da un sogno in cui molti non credevano, a discussioni iniziali su un’unità economica e monetaria nel 1960, ad oggi, la moneta di 340 milioni di europei, usata da altri 175 milioni di persone nel mondo. Il successo? Starà nel combinare identità nazionali con l’ethos e i costumi globali. Una delle skills che derivano da anni di carriera esecutiva in varie aziende e in tre diversi Paesi (Italia, Regno Unito, Svizzera), è la capacità di provare a interpretare le persone, trovare la chiave di lettura che permetta un’impostazione del rapporto umano basata su comprensione, fiducia, empatia: dai team members ai capi, dai clienti, ai vari stakeholder con cui negli ultimi 19 anni ho avuto a che fare e in molti casi da cui ho avuto il piacere di imparare. Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, ha una volta paragonato l’euro a un calabrone: un “mistero della natura” che non dovrebbe essere in grado di volare ma in qualche modo lo fa. Draghi usò questa metafora durante la tumultuosa crisi del debito greco del 2012, quando in molti si chiedevano se la fine dell’euro fosse vicina. A due decadi dalla sua nascita, l’euro vola alto.

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IL MONDO SECONDO IL CONSUMATORE FINANZIARIO

December 19, 2018

L’industria dei servizi finanziari è a un punto di svolta: dovrà reinventarsi, o sarà reinventata da altri player. Mentre sempre più startup e aziende IT ormai attraggono nuovi e diversi clienti che richiedono esperienze targhettizzate alle loro necessità, ci si chiede come farà l’intero settore finanziario a competere e rimanere rilevante. Chi non si adatta rimane indietro, in particolare i player, le banche e gli istituti che non sapranno comprendere le nuove necessità che la rivoluzione di user experience in atto ha portato alla luce. Quello a cui stiamo assistendo è un cambiamento epocale, ed è appena iniziato. Ma come siamo arrivati a questa accelerazione e rivoluzione finanziaria?

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CRISI FINANZIARIE: QUANDO LA COMUNICAZIONE E L’ECONOMIA DELUDONO

October 29, 2018

È l’estate del 2007, ho in mano una copia del “Financial Times”. Leggo con un misto di interesse, apprensione e aspettativa. Interesse per le reazioni dei maggiori personaggi del mondo finanziario globale, apprensione per quello che sarebbe stato l’inizio di una delle più grandi crisi economiche e finanziarie; aspettativa verso i grandi protagonisti del mondo occidentale: come avrebbero comunicato ciò che stava succedendo? Quali i segnali, quali le strategie tanto di business quanto di comunicazione da parte di governi, finanza e stampa, per ovviare all’imminente impatto e conseguente strage mediatica, economica e finanziaria? Non lo sapevo ancora, ma stavo leggendo i primi capitoli di un disastro annunciato.

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